“The Monsters of the white desert never sleep. In the light, as in the darkest of darkness, they wander aimlessly. Their screams, full of confusion and rage, penetrate the white desert. I hope you will never walk amidst its dunes, where from the clouds sharp stones fall and you, without shelter, will suffer their torment. No tombstones stand in the white desert, There, they are only wandering monsters, There, they were born to be monsters.”
Questo è il concetto alla base del progetto Dryseas.
I Dryseas sono una Rock-Band italiana, originaria di Roma, formatasi nel 2010. Nella sua formazione originaria, il progetto aveva la forma di un duo chitarra e batteria e lo stile era improntato sullo Stoner-Rock. Con questa composizione, l’anno successivo, viene rilasciato l’EP di debutto “Dryseas – Live in Studio”.
Successivamente a questo primo EP, il duo originale viene completato con l’ingresso in formazione, insieme al duo composto dai fondatori Carlo Venezia (lead vocals, guitar and piano) e Olsi Dani (drum, percussion), del bassista Marco dell’Uomo e del chitarrista (e batterista) Marco Schieteroma.
Con questa ultima formazione, a Gennaio di quest’anno, la band, ha rilasciato il suo secondo EP dal titolo “Dryseafication”, pubblicato dalla Desert Dago’s Records.
Un album composto da sette tracce, delle quali la band stessa, fornisce un’adeguata, breve ma esaustiva, descrizione per ciò che riguarda il significato di ogni singolo brano, regalando, per ognuno, anche una piccola descrizione del sound.
Il disco inizia con “Into the white desert“, una soundtrack più che una canzone, malinconica e sinistra. Il voice-over (la voce fuori campo, qui curata da Federica Masullo) ci descrive il “White Desert” ed i terrificanti mostri che lo abitano. Una canzone costruita su una delicata melodia pianistica e orchestrale, accompagnata dal sibilo del vento, che funge da intro per la successiva “Delicious“, la seconda traccia di “Dryseafication”, potente, graffiante e sessuale. E’ il desiderio di perversione e abbandono, verso qualcosa di nuovo. Dolore ed esigenza. Una traccia dove lo stile improntato allo Stoner-Rock del trio, si fonde con una forte componente Heavy-Metal, grezza e tagliente.
Le sostanze assunte e l’agitazione. E’ la sensazione di vedersi dall’esterno, senza nessun controllo sulle proprie azioni, nessuna consapevolezza. L’ impossibilità di uscire da questo stato alterato è forse permanente: “I Won’t Make It Out”, la terza traccia del disco. Musicalmente, i Nostri, proseguono sul percorso dettato dalla traccia precedente. L’attenzione verso la proposta del gruppo rimane molto alta. A tratti, si possono sentire echi che pescano dall’Hard-Rock più old-school.
“Too Late” è lo scioglimento lento e definitivo di ogni maschera, nervosismo e lucidità. Anche l’amore è finzione. Questa canzone, segna il primo cambio all’interno del sound dell’album, acquisendo connotati dove lo Stoner si mischia ad elementi che strizzano l’occhio allo Psychedelic-Rock con qualche rimando al Desert-Rock, dove resta comunque viva la connotazione Heavy dei Nostri. Una traccia complessa e articolata, costellata di continui e repentini cambi di tempi che rendono il tutto ancora più interessante.
Tutta l’agitazione di “Too Late” sfocia nella quinta traccia “Rainy Day“. La follia è il mezzo di trasporto, il sangue la destinazione. Un brano affilato, crudo, grezzo e potente, nel quale non manca certo la melodia che oltre che ad arricchire il tutto, rivela un background che, oltre allo Stoner, porta con se Rock classico e una vena Blues davvero intrigante.
Malinconica e psichedelica, “The ballad Of Lost Reason” è connessa musicalmente a “Into The White Desert“, è un cerchio che si chiude. Siamo nuovamente nel deserto, soli, quando ormai è tutto finito, i mostri hanno vinto. Ogni parte positiva, luminosa anche se fioca è svanita. Un secondo cambio stilistico si avverte in questa traccia, dall’intro molto melodica, intimista, delicata, dal sapore Rock che dopo poco sfocia in un susseguirsi di riffs aggressivi e carichi di atmosfera, con assoli ipnotici e una ritmica decisa, che poi torna alle caratteristiche iniziali. Brano che vede alla voce Marco Schiteroma.
Non ci sono più parole da cantare o da declamare, il disco si chiude con “Dryseafication”, brano descritto già perfettamente, con poche parole, dalla band stessa, a cui non serve aggiungere altro: “uno strumentale lungo dalle atmosfere pesanti, acide ed isteriche”.
TRACKLIST:
1. Into The White Desert
2. Delicious
3. I Won’t Make It Out
4. Too Late
5. Rainy Day
6. The Ballad Of Lost Reason
7. Dryseafication
LINE-UP:
Carlo Venezia – Lead / Back Vocals / Guitars
Olsi Dani – Drums / Percussions
Mad Dy – Bass
Guest:
Federica Masullo – Voice over on “Into The White Desert”
Marco Schiteroma – Vocals on “The Ballad Of Lost Reason”
WEB:
OFFICIAL WEBSITE: http://desertdagosrecords.wix.com/dryseas
TWITTER: https://twitter.com/dryseasband
FACEBOOK: www.facebook.com/Dryseas