Gli Shivers Addiction, si formano nel 2004, ad opera di Marco Panizzo (chitarrista e compositore) e di Angelo “Depo” De Polignol (batterista). La formazione, sarà completata nel 2005, con l’ingresso nella band del bassista Fabio Cova.
Con questa prima line-up, alla quale, fini dall’inzio, vedrà l’alternarsi di diversi membri e diversi cambi d’organico, il gruppo, pubblica il suo primo EP, dal titolo omonimo “Shivers Addiction”.
Successivamente alla pubblicazione di questo EP, al gruppo si uniscono Gino Pecoraro (Chitarrista e cantante della band thrash-metal Nuclear Symphony) e la cantante Olga Pezzali. Con questa nuova formazione, nel 2011, gli Shivers Addiction, pubblicano il loro primo album, autoprodotto, dal titolo “Nobody’s Land”: composto da 12 canzoni che mostrano il nuovo sound della band. Sound dalle chiare origine metal, ma supportato da sonorità Hard-Rock, Prog, Folk con influenze thrash.
Un nuovo cambio di line-up avviene nel 2013 quando la cantante Olga lascia la band e al suo posto arriva Marco Cantoni (cantante dei Cyrax).
La band è pronta a presentare il suo nuovo album: “Choose Your Prison”.
A partire dalla traccia iniziale (“Eternal Damnation”) sono subito chiari come il Sole i riferimenti musicali che compongono il background del gruppo che abbiamo elencato prima. L’apertura dell’album è incentrata su uno stile total-metal di grande impatto, con una solida ritmica, graffianti ed affilati riff di chitarra, aperture melodiche improvvise e linee vocali a metà tra il thrash-metal e il power-metal. Meccaniche compositive che proseguono anche nella successiva “We Live On A Lie”, dove troviamo un’intro che pesca da melodie glam-metal anni ‘80 per poi lasciare il posto al sound tipico del metal più energico, sempre mantenedo l’apertura verso incursioni melodic-rock come il genere sopracitato prevedeva. Una seconda canzone molto convincente ed interessante nella struttura.
“The King And The Guillotine” ti porta subito (é sufficiente il titolo) all’interno della Storia Francese, ai tempi della Rivoluzione che segnò l’apice del periodo detto del “Terrore” (La Rivoluzione Francese l’abbiamo studiata tutti, vero?). In questa terza traccia, troviamo, a sostegno del sound del gruppo, molti inserimenti si stampo folk-metal, con soluzioni acustiche che arricchiscono notevolmente gli arrangiamenti scelti dagli Shivers Addiction per questa canzone, che in certi momenti ricorda le power-ballad dei primi Rhapsody Of Fire.
“La Mort Qui Danse”, sembra quasi la giusta continuazione del pezzo precedente. L’accoglienza è delle più inaspettate. Il brano si apre con una veste sinfonica, folkloristica ed evocativa, fino a quando il lugubre rintocco di una campana, lascia precipitare l’ascoltatore in un turbine di riff taglienti e ritmiche assassine, interrotte brevemente da repentine e sfuggenti incursioni melodiche rock-oriented.
È invece il metal più diretto ed essenziale a far da padrone nella successiva “Money Makes The Difference”. Un brano che libera una quantità imponente d’energia ad ogni passaggio. La maturità nel songwriting del gruppo, mano a mano che l’album prosegue la sua corsa, si fa sempre più evidente. Ottime ed interessanti le variazioni sonore che coprono la seconda parte della canzone.
Arrivati a questo punto, dopo 5 tracce, uno si aspeterebbe di ascoltare la fatidica title-track. Ebbene, questo album, almeno secondo la mia esperienza (se qualcuno fosse più informato riguardo ciò che sto per dire si faccia avanti), è il primo album che non presenta nella scaletta una canzone omonima del titolo del disco. Una novità, ripeto, almeno per me.
“Freedom”, sesta traccia. Un concentrato di Hard-Rock con echi Progressive-Metal sostenuto da linee vocali perfettamente bilanciate tra metal tradizionale e power-metal moderno.
Si prosegue, poi, con uno pezzo total-metal davvero potente: “Where Is My Future”. Non c’è molto da aggiungere su questo brano senza cadere nella ripetizione di concetti già espressi. L’unica cosa da segnalare sono le ritmiche cadenzate che ne costituiscono la struttura.
“Painted Arrow”. Gli echi di una battaglia, un’intro elettrica, una prosecuzione di stampo melodico, folk che sfocia velocemente in fiumi di riff metallici e ritmiche veloci per tornare repentinamente in paesaggi folk-rock più pacati e tranquilli tra chitarre acustiche e flauti festosi. Un’altalena intrigante e coinvolgente che accompagna l’ascoltatore per tutta la durata del brano. Come la successiva “Against We Stand”. Dove, però, vengono tralasciati gli echi e le voci belligeranti e le aperture melodico-folkloristiche, vengono sostituite da soluzioni hard-rock prossime alla power-ballad. Anche in questo caso, assistiamo ad un’altalena musicale dall’ottimo impatto.
Ci avviciniamo alla chiusura con “Death Ad Nothing To Teach”. Introdotto da un arrangiamento folk e sinfonico il brano rivela un’attitudine power-metal decisa e potente, con linee vocali che in alcuni passaggi sembrano molto vicine al death-metal. Interessante l’improvvisa e rapidavirata verso il rock acustico che crea un ponte tra la prima e la seconda parte del pezzo.
L’album termina la sua corsa con una versione alternativa di “Painted Arrow”, dove troviamo una seconda voce (la vocalist Evelyn) a condividere il racconto e le atmosfere della canzone, rendendola quasi più folk e melodica, anche se sotto l’aspetto musicale non ci sono varianti tra le due versioni.
LINE-UP:
MARCO CANTONI – Vocals
MARCO PANIZZO – Guitar
GINO PECORARO – Guitar, 2nd voice and backing
FABIO COVA – Bass
ANGELO DE POLIGNOL – Drums