Crisi del mercato musicale? Tutta colpa della ‘nuova’ musica!

State tranquilli, non sta per partire il solito triste pezzo sulle sempre più magre vendite di dischi.
O forse sì, ma partiamo prima da questo dato: l’ultima settimana di Agosto è stata segnata in rosso sui calendari degli addetti del settore perché si è raggiunto il minimo storico di vendite di dischi dal 1991 ad oggi, almeno negli Stati Uniti.
Meno di 4 milioni di copie in una settimana, salvate solo grazie alla colonna sonora di “Frozen” della Disney e all’ultimo “Blacc Hollywood” di Wiz Khalifa.

I motivi sono più che noti e sono ovviamente (quasi) tutti connessi alla diffusione dei servizi di streaming, ma qualcuno ha avanzato l’ipotesi che potrebbe esserci un elemento in più per decifrare il quadro, e molto molto più semplice di quanto si penserebbe.

Il musicista Peter Getty ha spiegato su Hypebot che forse il motivo di una così plateale débacle è semplicemente la mancanza di dischi davvero belli che valga la pena comprare. Non una banale sparata da nostalgici (che in questo caso avrebbe anche un qualche senso) ma un dubbio più che lecito: qual è stato l’ultimo vero album-capolavoro che ha fatto impazzire chiunque?

Getty prova a fare un paragone con la televisione: anche lì gli spettatori sono calati vertiginosamente negli ultimi decenni a causa della concorrenza di YouTube, Netflix e dei tanti altri servizi di streaming online, ma al contrario dell’industria discografica quella televisiva ha provato a stare al passo con i tempi, sia in termini di qualità che di quantità.
Provate ad enumerare le decine e decine di serie meravigliose che debuttano sui canali televisivi americani ogni anno, e già così l’affermazione comincerà ad avere senso. Secondo delle recenti rilevazioni della Nielsen Soundscan, la quantità dei canali tv a disposizione dei cittadini americani è continuata a crescere negli ultimi 6 anni (da 129 a 189), ma la quantità di canali preferiti da ogni famiglia è rimasta quasi immutata.
Più offerta non ha significato più consumo. Il risultato è che la gara si è spostata tutta sulla qualità, e gli spettatori ci hanno guadagnato.

Non si può dire la stessa cosa della musica; pur senza avere delle statistiche precise al riguardo, tutto sembra suggerire che una maggiore offerta musicale e delle nuove modalità di ascolto abbiano portato ad un sempre maggiore consumo di musica pro-capite. Un’abitudine forse nata per bilanciare proprio una mancanza di qualità e di novità o un’estrema difficoltà nel selezionarla.

the_dark_side_of_the_moon_pink_floydNon possiamo sapere cosa succederebbe se uscisse un nuovo “The Dark Side of the Moon” entro il 2014, o addirittura se è già uscito e nessuno se n’è accorto, o ancora se bisognerebbe riformulare in toto il concetto (molto aleatorio) di musica di qualità.

Ma forse il punto è proprio questo: se i riferimenti per la “buona e grande musica” continuano ad essere quelli di 50 anni fa, forse è il caso di ammettere che è finita un’era e ne è iniziata un’altra nella quale questi fenomeni di massa non esistono più, o almeno non si manifestano con le stesse caratteristiche.

Il grave ritardo dell’industria musicale nello stare al passo coi tempi potrebbe (paradossalmente) testimoniare insomma che la musica è uno dei campi in cui la contemporaneità spinge di più sull’acceleratore (al contrario di quanto accade per la tv, per esempio). D’altronde, se c’è qualcosa che gli ultimi 20 anni ci hanno insegnato, è che il bello non coincide più con l’originale, né con il nuovo, né con il popolare.

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Classe 1980, da sempre amante della buona Musica, musicalmente è cresciuto ascoltando il Rock italiano prima (galeotti furono i Litfiba) e il Dark/Gothic Metal dopo, per finire all'Indie e al Rock classico. Animo ribelle e Rock, si “droga” di Musica e non rifiuta mai una birra. È possibile contattarlo a questo indirizzo email: nino@we-rock.info